Articoli e approfondimenti Archivi - Centro Moveo https://www.centromoveo.it/category/articoli-e-approfondimenti/ Psicologia e Psicoterapia Fri, 09 Apr 2021 12:28:49 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.6.1 https://www.centromoveo.it/wp-content/uploads/2019/10/cropped-Logo-1-1-32x32.jpg Articoli e approfondimenti Archivi - Centro Moveo https://www.centromoveo.it/category/articoli-e-approfondimenti/ 32 32 Draghi: «Smettete di vaccinare psicologi di 35 anni.» https://www.centromoveo.it/2021/04/09/draghi-smettete-di-vaccinare-psicologi-di-35-anni/ Fri, 09 Apr 2021 12:27:43 +0000 https://www.centromoveo.it/?p=1447 Facciamo un po’ di chiarezza, che è sempre utile per tutti. Lo psicologo è dal 2018 un professionista sanitario, ragione per cui, per fare un esempio terra terra, è possibile scaricare il 19% della sua fattura. Cosa ci rende una professione sanitaria? Il fatto che ci viene riconosciuto che svolgiamo “attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione” (Ministero della Salute). Nel momento in cui il Governo ha cominciato a programmare il piano vaccinale anti Covid-19 è stato valutato se creare dei “gruppi target”, ovvero delle categorie di individui che dovessero avere una priorità nella somministrazione del vaccino. Tali erano sicuramente le persone con vulnerabilità (legata ad età o stato di salute precario), ma anche delle categorie professionali che lavorano a stretto contatto prolungato con altri individui, e che quindi, pur non essendo in fascia di età di particolare vulnerabilità, potevano diventare vettore del virus e origine di focolai. Il contagio può essere quindi diffuso da un professionista sanitario anche tra popolazioni vulnerabili o che, per casi particolari, non potessero a loro volta ricevere la vaccinazione (pensiamo ai professionisti che lavorano nei reparti oncologici, con pazienti immunodepressi, ecc). Per tale motivo le professioni sanitarie (che sono più di 30 e includono medici e infermieri) sono state inserite tra gli individui da vaccinare con priorità. Questa priorità non è stata però decisa dagli Ordini professionali o dal singolo professionista, ma dalle autorità preposte, ovvero da ATS e Regioni, sempre in linea con le indicazioni governative (il ministero della Salute in collaborazione con la struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza COVID, AIFA, ISS e AGENAS1). Per tale motivo anche a noi professionisti della salute mentale è stata data l’opportunità di accedere alla vaccinazione. Non siamo andati al Centro Vaccinale sgomitando e saltando la fila, perché è questa l’immagine che si è visualizzata nelle menti di molti italiani dopo aver ascoltato le frasi espresse ieri dal Presidente Draghi. Siamo stati convocati e abbiamo potuto scegliere se aderire o no alla campagna, anzi, siamo stati caldamente spronati, per etica sociale e responsabilità verso i pazienti di cui ci facciamo carico. Il nostro lavoro non sempre si può svolgere online, non sempre si riesce a mantenere la social distancing (pensiamo al lavoro con i bambini, che sotto i 6 anni sono privi di mascherina), non sempre riusciamo a rendere il nostro apporto efficace, rispettando tutte le necessarie norme per il contenimento della diffusione della pandemia. E allora perché non limitare questi rischi (siamo consapevoli che possiamo essere comunque vettori del virus, ma il rischio è inferiore con la vaccinazione) accettando l’opportunità di essere vaccinati? Non abbiamo deciso noi se questa priorità dovesse addirittura scavalcare le liste degli over 80. Non abbiamo potuto decidere di rinviare il nostro vaccino, perché non sapevano se avremmo avuto una “seconda possibilità”. A ciò va ad aggiungersi il fatto che dalla scorsa settimana è entrato in vigore addirittura l’obbligo vaccinale per le professioni sanitarie (D.L. 1 aprile 2021, n.44). Ne consegue che il Governo ha stabilito che un professionista sanitario non può rifiutare la vaccinazione, pena la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. Lasciamo a voi le considerazioni su queste incongruenze. Tuttavia vogliamo condividere una riflessione: sembra quasi essere messa in dubbio la liceità dell’appartenenza della categoria degli psicologi alle professioni sanitarie, quasi fossimo una categoria “imbucata” per ottenere qualche tipo di beneficio indiretto. Ma davvero consideriamo la salute mentale così poco significativa da finire in fondo alla lista delle proprie priorità? Ci fa sbigottire il messaggio che leggiamo tra le righe, come se il potersi permettere di chiedere aiuto per un disagio psicologico corrisponda quasi a volersi concedere un vizio, il vezzo di una persona, un “di più”. Così, ci piacerebbe poterlo far presente al Presidente, diciamo ai nostri giovani (che per fortuna finalmente invece stanno muovendosi, chiedendo aiuto, sforzandosi di guardare in faccia il proprio malessere, cercando un aiuto psicologico) che si stanno rivolgendo a degli approfittatori, rinverdendo lo stereotipo tutto italiano dello psicologo come figura sostituibile, non fondamentale, poco utile, con ricadute ad effetto domino sulla credibilità della nostra professione, che stiamo faticosamente costruendo facendo parlare il nostro lavoro e i risultati. Non in ultimo, stiamo dicendo agli italiani che, data la situazione pandemica, potrebbero fare a meno dell’aiuto dello psicologo, perché, alla fine, c’è la pandemia e ci sono dei bisogni “più pressanti”. Speriamo davvero che le decine di chiamate che riceviamo settimanalmente (segnale di un cambio di rotta rispetto alla paura e poca stima che per decenni hanno contraddistinto la nostra categoria), possano smentire questi nostri timori, resta l’amaro in bocca per una occasione in cui sentiamo di essere capro espiatorio di malfunzionamenti, le cui cause sono da cercare altrove. Guardiamo il dolore, il malessere e la fatica che ci portano i nostri pazienti dopo questo anno assurdo. Guardiamo quello che ci portiamo a casa dopo i colloqui e per cui non chiudiamo occhio la notte. Sentiamo la responsabilità dei sorrisi dei bambini che vediamo in terapia. E ringraziamo chi di noi si fida, senza aggiungere altro. Chiara Lo Curto Psicologa Psicoterapeuta Cristina Battista Psicologa Psicoterapeuta 1 Fonte: sito Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5319)

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Facciamo un po’ di chiarezza, che è sempre utile per tutti.

Lo psicologo è dal 2018 un professionista sanitario, ragione per cui, per fare un esempio terra terra, è possibile scaricare il 19% della sua fattura. Cosa ci rende una professione sanitaria? Il fatto che ci viene riconosciuto che svolgiamoattività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione” (Ministero della Salute).

Nel momento in cui il Governo ha cominciato a programmare il piano vaccinale anti Covid-19 è stato valutato se creare dei “gruppi target”, ovvero delle categorie di individui che dovessero avere una priorità nella somministrazione del vaccino. Tali erano sicuramente le persone con vulnerabilità (legata ad età o stato di salute precario), ma anche delle categorie professionali che lavorano a stretto contatto prolungato con altri individui, e che quindi, pur non essendo in fascia di età di particolare vulnerabilità, potevano diventare vettore del virus e origine di focolai. Il contagio può essere quindi diffuso da un professionista sanitario anche tra popolazioni vulnerabili o che, per casi particolari, non potessero a loro volta ricevere la vaccinazione (pensiamo ai professionisti che lavorano nei reparti oncologici, con pazienti immunodepressi, ecc). Per tale motivo le professioni sanitarie (che sono più di 30 e includono medici e infermieri) sono state inserite tra gli individui da vaccinare con priorità. Questa priorità non è stata però decisa dagli Ordini professionali o dal singolo professionista, ma dalle autorità preposte, ovvero da ATS e Regioni, sempre in linea con le indicazioni governative (il ministero della Salute in collaborazione con la struttura del Commissario Straordinario per l’emergenza COVID, AIFA, ISS e AGENAS1). Per tale motivo anche a noi professionisti della salute mentale è stata data l’opportunità di accedere alla vaccinazione.

Non siamo andati al Centro Vaccinale sgomitando e saltando la fila, perché è questa l’immagine che si è visualizzata nelle menti di molti italiani dopo aver ascoltato le frasi espresse ieri dal Presidente Draghi. Siamo stati convocati e abbiamo potuto scegliere se aderire o no alla campagna, anzi, siamo stati caldamente spronati, per etica sociale e responsabilità verso i pazienti di cui ci facciamo carico.

Il nostro lavoro non sempre si può svolgere online, non sempre si riesce a mantenere la social distancing (pensiamo al lavoro con i bambini, che sotto i 6 anni sono privi di mascherina), non sempre riusciamo a rendere il nostro apporto efficace, rispettando tutte le necessarie norme per il contenimento della diffusione della pandemia. E allora perché non limitare questi rischi (siamo consapevoli che possiamo essere comunque vettori del virus, ma il rischio è inferiore con la vaccinazione) accettando l’opportunità di essere vaccinati?

Non abbiamo deciso noi se questa priorità dovesse addirittura scavalcare le liste degli over 80.

Non abbiamo potuto decidere di rinviare il nostro vaccino, perché non sapevano se avremmo avuto una “seconda possibilità”.

A ciò va ad aggiungersi il fatto che dalla scorsa settimana è entrato in vigore addirittura l’obbligo vaccinale per le professioni sanitarie (D.L. 1 aprile 2021, n.44). Ne consegue che il Governo ha stabilito che un professionista sanitario non può rifiutare la vaccinazione, pena la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio.

Lasciamo a voi le considerazioni su queste incongruenze.

Tuttavia vogliamo condividere una riflessione: sembra quasi essere messa in dubbio la liceità dell’appartenenza della categoria degli psicologi alle professioni sanitarie, quasi fossimo una categoria “imbucata” per ottenere qualche tipo di beneficio indiretto. Ma davvero consideriamo la salute mentale così poco significativa da finire in fondo alla lista delle proprie priorità? Ci fa sbigottire il messaggio che leggiamo tra le righe, come se il potersi permettere di chiedere aiuto per un disagio psicologico corrisponda quasi a volersi concedere un vizio, il vezzo di una persona, un “di più”.

Così, ci piacerebbe poterlo far presente al Presidente, diciamo ai nostri giovani (che per fortuna finalmente invece stanno muovendosi, chiedendo aiuto, sforzandosi di guardare in faccia il proprio malessere, cercando un aiuto psicologico) che si stanno rivolgendo a degli approfittatori, rinverdendo lo stereotipo tutto italiano dello psicologo come figura sostituibile, non fondamentale, poco utile, con ricadute ad effetto domino sulla credibilità della nostra professione, che stiamo faticosamente costruendo facendo parlare il nostro lavoro e i risultati.

Non in ultimo, stiamo dicendo agli italiani che, data la situazione pandemica, potrebbero fare a meno dell’aiuto dello psicologo, perché, alla fine, c’è la pandemia e ci sono dei bisogni “più pressanti”.

Speriamo davvero che le decine di chiamate che riceviamo settimanalmente (segnale di un cambio di rotta rispetto alla paura e poca stima che per decenni hanno contraddistinto la nostra categoria), possano smentire questi nostri timori, resta l’amaro in bocca per una occasione in cui sentiamo di essere capro espiatorio di malfunzionamenti, le cui cause sono da cercare altrove.

Guardiamo il dolore, il malessere e la fatica che ci portano i nostri pazienti dopo questo anno assurdo. Guardiamo quello che ci portiamo a casa dopo i colloqui e per cui non chiudiamo occhio la notte. Sentiamo la responsabilità dei sorrisi dei bambini che vediamo in terapia. E ringraziamo chi di noi si fida, senza aggiungere altro.

Chiara Lo Curto

Psicologa Psicoterapeuta

Cristina Battista

Psicologa Psicoterapeuta

1 Fonte: sito Ministero della Salute

(http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5319)

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Un biglietto pop-up per la festa della mamma! https://www.centromoveo.it/2020/05/09/un-biglietto-pop-up-per-la-festa-della-mamma/ Sat, 09 May 2020 10:06:05 +0000 https://www.centromoveo.it/?p=1307 Bimbi! Papà! Nascondete lo schermo alle mamme! Qui trovate il video tutorial e sotto trovate anche il pdf scaricabile per un bellissimo biglietto pop-up tutto fiorito!  Non dimenticatevi di mandarci le foto dei vostri biglietti personalizzati su info@centromoveo.it  https://www.centromoveo.it/wp-content/uploads/2020/05/Video_20200509114300171_by_Videomaker.mp4 Versione pdf Scarica qui il PDF Festa della mamma made from Cristina Battista

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La TV al tempo del coronavirus https://www.centromoveo.it/2020/04/28/televisione-psicologo-montessori-bergamo/ Tue, 28 Apr 2020 10:18:07 +0000 https://www.centromoveo.it/?p=1235 Riflessioni sulle nuove (necessarie) prospettive del mezzo televisivo nell’infanzia Eccoci qua. Abbiamo atteso con trepidazione l’annuncio della “fase due del lockdown”, un filotto di parole che tre mesi fa sarebbe stato incomprensibile, ma abbiamo ottenuto solo qualche concessione in più. Lontanissime dal voler aprire una riflessione critica sulle scelte del Governo, che si trova tra le mani una bella gatta da pelare, in moltissime siamo però professioniste e madri e per noi si aprono diversi scenari, tutti ugualmente apocalittici. Passateci l’ironia, ma con i servizi per l’infanzia chiusi e la gestione della quotidianità a casa e dell’attività lavorativa sulle spalle, alle donne lavoratrici (e non solo) si prospetta un’estate molto faticosa. Per così dire. Lo smart-working aiuta a proseguire la propria attività professionale rispettando le limitazioni imposte, quando possibile, ma i piccoli di casa hanno comunque delle esigenze e non sempre è possibile richiedere l’aiuto di una baby-sitter. Qual è la soluzione che spesso ci viene in aiuto? La cara “zia” televisione. Tutti noi ante-millenial abbiamo potuto godere di lunghi pomeriggi con la compagnia di cartoni, Bim-Bum-Bam e VHS riprodotte a ripetizione, senza che i nostri genitori provassero alcun senso di colpa o quasi. Tuttavia negli ultimi anni, i professionisti della salute mentale e dello sviluppo infantile hanno prestato sempre maggiore attenzione a questo mezzo che ha tuttora un grande ruolo nella nostra quotidianità. Psicologi, pedagogisti, logopedisti, pediatri concordano sulla potenziale pericolosità di questo strumento, che ormai accompagna le famiglie come sottofondo in diverse ore del giorno. Per certi versi, a cavallo del nuovo millennio c’è stata una vera e propria demonizzazione della televisione, criticata per essere non solo “cattiva maestra”, foriera di messaggi violenti e diseducativi per i più piccoli, ma anche elemento che incide negativamente sullo sviluppo di numerose competenze del bambino, soprattutto in età prescolare, fino ad arrivare ad una minacciosa “possibilità di dipendenza”. La presenza di monitor in casa viene caldamente sconsigliata prima dei 6 anni, fortemente osteggiata prima dei 3. Si sono osservati, infatti, ritardi del linguaggio, disturbi dell’attenzione, tendenza all’obesità e comportamenti aggressivi, che diversi specialisti hanno ricondotto proprio alle ore trascorse dai bambini davanti al televisore, a discapito di attività fisica e creativa. Ma cosa succede adesso che a casa siamo (e saremo) costretti a passarci 24 ore al giorno? La nostra opinione da mamme e da professioniste è che, come sempre, ci si debba appellare al buon senso. Bisogna sottolineare innanzitutto che il panorama dalla programmazione è mutato in modo sensibile negli ultimi decenni. A partire dal parental control, passando dagli alert per i programmi meno indicati per determinate fasce d’età (l’ormai storico bollino rosso), terminando ai canali tematici e alla varietà sempre più ampia offerta dall’on-demand, abbiamo la possibilità di attuare una scelta consapevole dei messaggi e dei valori che vogliamo trasmettere tramite i programmi selezionati. Esistono ad esempio dei canali in chiaro interamente destinati ai bambini di diverse fasce di età. Soprattutto per i più piccoli (indicativamente fascia 2-6 anni), salta all’occhio l’intento educativo di questi canali, che propongono serie animate con contenuti semplici e tematiche che trattano di valori positivi come famiglia, collaborazione, amicizia, rispetto della diversità, ecologia. Alcuni di essi sono proposti in inglese, con l’obiettivo di permettere ai piccoli telespettatori di familiarizzare con suoni ed espressioni di una lingua straniera. Alcuni di questi canali, inoltre, sono privi di spot pubblicitari. Perché consideriamo questo un valore aggiunto? Perché la pubblicità è studiata da esperti di marketing e comunicazione al fine di essere martellante, stimolante e… ipnotica. Quanti genitori hanno visto il proprio bimbo, fino a quel momento disinteressato, voltare la testa verso la televisione e imbambolarsi davanti alla pubblicità? Se ci fate caso, il ritmo delle immagini proposte e le musiche sono più rapidi, i colori vividi e, la maggior parte delle volte, il volume si alza sensibilmente (ci sono stati numerosi esposti di Codacons1 e sanzioni dell’Antitrust negli ultimi decenni). Senza dubbio questi sono elementi di disturbo, senza alcuna utilità educativa, anzi, con il potenziale effetto paradosso di indurre l’attenzione solo nel momento in cui c’è una comunicazione iperstimolante e confusiva. Oltre al fatto che veicolano il messaggio di un consumismo superficiale ed esasperato. Lungi dal riabilitarla in toto come moderna baby-sitter, quindi, possiamo valutare di dismettere momentaneamente i panni di censori inflessibili della televisione e integrarla nella quotidianità dei nostri figli. Come? Sempre rispettando quelle che sono le indicazioni generali: non eccedere; integrarla nella routine del bambino fissando orari e tempistiche che devono essere rispettati: c’è un tempo per il gioco, un tempo per il relax davanti alla tv, un tempo per le attività; concordare con il bambino i programmi da vedere, cercando di prediligere quelli più educativi e rispettosi del suo livello di sviluppo. Il tempo trascorso davanti alla televisione può essere anche un tempo condiviso, che permette alla famiglia di unirsi, contrattare in modo costruttivo (non mettiamoci nella posizione dell’adulto che decide in quanto adulto, né in quella per cui dobbiamo necessariamente accontentare i pargoli), scoprire interessi comuni, introdurre tematiche importanti e complesse per cui possiamo farci mediatori, e così via… Da evitare sarebbe, invece, la cosiddetta background television ovvero la televisione lasciata in sottofondo, quella che funge da blanda compagnia per gli adulti, ma che dalle ricerche risulta essere un elemento di disturbo effettivo per la capacità di attenzione del bambino. Si stima infatti che in condizioni normali i bambini la “subiscano passivamente” per oltre 5 ore al giorno, riflettiamo su quante potrebbero diventare in questo periodo di quarantena, in cui non trascorrono buona parte della giornata a scuola! Per concludere, apriamo una parentesi, senza dilungarci, sul fatto che abbiamo diversa opinione sull’utilizzo di tablet e smartphone. Riteniamo siano da limitare strettamente nel periodo prescolare e da gestire con molta attenzione anche durante gli anni delle scuole elementari, innanzitutto perché non ancora abbastanza “a misura di bambino”, molto meno controllabili da parte dell’adulto, oltre che iperstimolanti (anche per le modalità grafiche che li caratterizzano), motivi per cui è necessaria una fruizione sotto stretto controllo del genitore. Tuttavia anche su questo capitolo si dovrebbe aprire una riflessione approfondita, giacché il loro utilizzo forzato per la didattica online proprio nelle ultime settimane sta aprendo a nuove potenzialità che sicuramente si svilupperanno ulteriormente nei mesi a venire. Staremo a vedere. Dott.ssa Chiara Lo Curto Psicologa Psicoterapeuta Note: 1 Un esempio fra tanti qui Riferimenti Bibliografici D’Alessio M., Posso guardare la TV? Come dare una risposta consapevole ai nostri bambini. Milano: Franco Angeli, Le Comete; 2004 D’Amico M., Ci siamo persi i bambini: perché l’infanzia scompare. Roma-Bari: Laterza; 2014 Montessori M., La mente del bambino, la mente assorbente. Milano: Garzanti; 1952 Morcellini M., La tv fa bene ai bambini. Roma: Meltemi; 2005 Cubelli R. & Vicari S. (2016). Video, tablet e smartphone nei bambini molto piccoli: un ostacolo o una risorsa per lo sviluppo cognitivo e linguistico? Una discussione per condividere raccomandazioni e interventi. Psicologia clinica dello sviluppo, 2, 257-274 Vieni a conoscere l’équipe psicologica Share

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Riflessioni sulle nuove (necessarie) prospettive del mezzo televisivo nell’infanzia

televisione bambini psicologia psicoterapia

Eccoci qua.

Abbiamo atteso con trepidazione l’annuncio della “fase due del lockdown”, un filotto di parole che tre mesi fa sarebbe stato incomprensibile, ma abbiamo ottenuto solo qualche concessione in più. Lontanissime dal voler aprire una riflessione critica sulle scelte del Governo, che si trova tra le mani una bella gatta da pelare, in moltissime siamo però professioniste e madri e per noi si aprono diversi scenari, tutti ugualmente apocalittici. Passateci l’ironia, ma con i servizi per l’infanzia chiusi e la gestione della quotidianità a casa e dell’attività lavorativa sulle spalle, alle donne lavoratrici (e non solo) si prospetta un’estate molto faticosa. Per così dire.

Lo smart-working aiuta a proseguire la propria attività professionale rispettando le limitazioni imposte, quando possibile, ma i piccoli di casa hanno comunque delle esigenze e non sempre è possibile richiedere l’aiuto di una baby-sitter.

Qual è la soluzione che spesso ci viene in aiuto? La cara “zia” televisione. Tutti noi ante-millenial abbiamo potuto godere di lunghi pomeriggi con la compagnia di cartoni, Bim-Bum-Bam e VHS riprodotte a ripetizione, senza che i nostri genitori provassero alcun senso di colpa o quasi.

Tuttavia negli ultimi anni, i professionisti della salute mentale e dello sviluppo infantile hanno prestato sempre maggiore attenzione a questo mezzo che ha tuttora un grande ruolo nella nostra quotidianità.

Psicologi, pedagogisti, logopedisti, pediatri concordano sulla potenziale pericolosità di questo strumento, che ormai accompagna le famiglie come sottofondo in diverse ore del giorno. Per certi versi, a cavallo del nuovo millennio c’è stata una vera e propria demonizzazione della televisione, criticata per essere non solo cattiva maestra”, foriera di messaggi violenti e diseducativi per i più piccoli, ma anche elemento che incide negativamente sullo sviluppo di numerose competenze del bambino, soprattutto in età prescolare, fino ad arrivare ad una minacciosa possibilità di dipendenza.

La presenza di monitor in casa viene caldamente sconsigliata prima dei 6 anni, fortemente osteggiata prima dei 3. Si sono osservati, infatti, ritardi del linguaggio, disturbi dell’attenzione, tendenza all’obesità e comportamenti aggressivi, che diversi specialisti hanno ricondotto proprio alle ore trascorse dai bambini davanti al televisore, a discapito di attività fisica e creativa.

Ma cosa succede adesso che a casa siamo (e saremo) costretti a passarci 24 ore al giorno?

La nostra opinione da mamme e da professioniste è che, come sempre, ci si debba appellare al buon senso. Bisogna sottolineare innanzitutto che il panorama dalla programmazione è mutato in modo sensibile negli ultimi decenni. A partire dal parental control, passando dagli alert per i programmi meno indicati per determinate fasce d’età (l’ormai storico bollino rosso), terminando ai canali tematici e alla varietà sempre più ampia offerta dall’on-demand, abbiamo la possibilità di attuare una scelta consapevole dei messaggi e dei valori che vogliamo trasmettere tramite i programmi selezionati.

Esistono ad esempio dei canali in chiaro interamente destinati ai bambini di diverse fasce di età. Soprattutto per i più piccoli (indicativamente fascia 2-6 anni), salta all’occhio l’intento educativo di questi canali, che propongono serie animate con contenuti semplici e tematiche che trattano di valori positivi come famiglia, collaborazione, amicizia, rispetto della diversità, ecologia. Alcuni di essi sono proposti in inglese, con l’obiettivo di permettere ai piccoli telespettatori di familiarizzare con suoni ed espressioni di una lingua straniera.

Alcuni di questi canali, inoltre, sono privi di spot pubblicitari. Perché consideriamo questo un valore aggiunto? Perché la pubblicità è studiata da esperti di marketing e comunicazione al fine di essere martellante, stimolante e… ipnotica. Quanti genitori hanno visto il proprio bimbo, fino a quel momento disinteressato, voltare la testa verso la televisione e imbambolarsi davanti alla pubblicità? Se ci fate caso, il ritmo delle immagini proposte e le musiche sono più rapidi, i colori vividi e, la maggior parte delle volte, il volume si alza sensibilmente (ci sono stati numerosi esposti di Codacons1 e sanzioni dell’Antitrust negli ultimi decenni). Senza dubbio questi sono elementi di disturbo, senza alcuna utilità educativa, anzi, con il potenziale effetto paradosso di indurre l’attenzione solo nel momento in cui c’è una comunicazione iperstimolante e confusiva. Oltre al fatto che veicolano il messaggio di un consumismo superficiale ed esasperato.

Lungi dal riabilitarla in toto come moderna baby-sitter, quindi, possiamo valutare di dismettere momentaneamente i panni di censori inflessibili della televisione e integrarla nella quotidianità dei nostri figli.

Come? Sempre rispettando quelle che sono le indicazioni generali:

  • non eccedere;

  • integrarla nella routine del bambino fissando orari e tempistiche che devono essere rispettati: c’è un tempo per il gioco, un tempo per il relax davanti alla tv, un tempo per le attività;

  • concordare con il bambino i programmi da vedere, cercando di prediligere quelli più educativi e rispettosi del suo livello di sviluppo.

Il tempo trascorso davanti alla televisione può essere anche un tempo condiviso, che permette alla famiglia di unirsi, contrattare in modo costruttivo (non mettiamoci nella posizione dell’adulto che decide in quanto adulto, né in quella per cui dobbiamo necessariamente accontentare i pargoli), scoprire interessi comuni, introdurre tematiche importanti e complesse per cui possiamo farci mediatori, e così via…

Da evitare sarebbe, invece, la cosiddetta background television ovvero la televisione lasciata in sottofondo, quella che funge da blanda compagnia per gli adulti, ma che dalle ricerche risulta essere un elemento di disturbo effettivo per la capacità di attenzione del bambino. Si stima infatti che in condizioni normali i bambini la “subiscano passivamente” per oltre 5 ore al giorno, riflettiamo su quante potrebbero diventare in questo periodo di quarantena, in cui non trascorrono buona parte della giornata a scuola!

Per concludere, apriamo una parentesi, senza dilungarci, sul fatto che abbiamo diversa opinione sull’utilizzo di tablet e smartphone. Riteniamo siano da limitare strettamente nel periodo prescolare e da gestire con molta attenzione anche durante gli anni delle scuole elementari, innanzitutto perché non ancora abbastanza “a misura di bambino”, molto meno controllabili da parte dell’adulto, oltre che iperstimolanti (anche per le modalità grafiche che li caratterizzano), motivi per cui è necessaria una fruizione sotto stretto controllo del genitore. Tuttavia anche su questo capitolo si dovrebbe aprire una riflessione approfondita, giacché il loro utilizzo forzato per la didattica online proprio nelle ultime settimane sta aprendo a nuove potenzialità che sicuramente si svilupperanno ulteriormente nei mesi a venire. Staremo a vedere.

Dott.ssa Chiara Lo Curto

Psicologa Psicoterapeuta

Note:

Un esempio fra tanti qui

 


Riferimenti Bibliografici

D’Alessio M., Posso guardare la TV? Come dare una risposta consapevole ai nostri bambini. Milano: Franco Angeli, Le Comete; 2004

D’Amico M., Ci siamo persi i bambini: perché l’infanzia scompare. Roma-Bari: Laterza; 2014

Montessori M., La mente del bambino, la mente assorbente. Milano: Garzanti; 1952

Morcellini M., La tv fa bene ai bambini. Roma: Meltemi; 2005

Cubelli R. & Vicari S. (2016). Video, tablet e smartphone nei bambini molto piccoli: un ostacolo o una risorsa per lo sviluppo cognitivo e linguistico? Una discussione per condividere raccomandazioni e interventi. Psicologia clinica dello sviluppo, 2, 257-274

 
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Poesia per le mamme https://www.centromoveo.it/2020/03/23/poesia-per-le-mamme-psicologa-psicoterapeuta/ Mon, 23 Mar 2020 14:03:05 +0000 https://www.centromoveo.it/?p=1243 Questa splendida poesia di Eva Lopez Martinez in questi giorni sembra particolarmente adatta. Da quando poi, navigando sul web, siamo incappate in questa splendida immagine, per noi sono diventate inscindibili. Riuscire a sorridere, giocare, essere piena di energia per rendere ogni giorno di reclusione un giorno memorabile per i propri figli non è un compito facile per una mamma, soprattutto in questo momento. La mente macina pensieri, si fanno i conti con problemi concreti, magari economici, oltre che con le notizie preoccupanti da cui siamo bombardati, a volte anche molto, troppo, vicine. Anche le mamme sono figlie. Eppure una cosa non dovete mai dire a una mamma: “non puoi farlo”, perché state certi che vi dimostrerà il contrario. L’équipe psicologica di Centro Moveo si occupa di sostegno psicologico e psicoterapia individuale e familiare, con una particolare attenzione al supporto delle mamme e della relazione madre-bambino. Contattaci per una consulenza, il primo colloquio è gratuito.   (Fino a nuovo decreto i colloqui potranno essere effettuati solo per via telefonica e web)

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Poesia che descrive la forza della madre psicologia psicoterapia psicologo bergamo psicoterapeuta

Questa splendida poesia di Eva Lopez Martinez in questi giorni sembra particolarmente adatta. Da quando poi, navigando sul web, siamo incappate in questa splendida immagine, per noi sono diventate inscindibili.

Riuscire a sorridere, giocare, essere piena di energia per rendere ogni giorno di reclusione un giorno memorabile per i propri figli non è un compito facile per una mamma, soprattutto in questo momento. La mente macina pensieri, si fanno i conti con problemi concreti, magari economici, oltre che con le notizie preoccupanti da cui siamo bombardati, a volte anche molto, troppo, vicine. Anche le mamme sono figlie.

Eppure una cosa non dovete mai dire a una mamma: “non puoi farlo”, perché state certi che vi dimostrerà il contrario.

L’équipe psicologica di Centro Moveo si occupa di sostegno psicologico e psicoterapia individuale e familiare, con una particolare attenzione al supporto delle mamme e della relazione madre-bambino.

Contattaci per una consulenza, il primo colloquio è gratuito.

 

(Fino a nuovo decreto i colloqui potranno essere effettuati solo per via telefonica e web)

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